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Maternità e lavoro – Consulenza legale


Maternità a lavoro: come chiederla?

Scoprire di essere in dolce attesa comporta certamente un turbine di emozioni per una donna che desidera diventare mamma, e oltre ai mille dubbi che sorgono in relazione alla capacità di essere un futuro e bravo genitore occorre trovare risposte anche con riferimento al rapporto di lavoro che si sta svolgendo.

Ma come funziona il congedo di maternità?

Ci sono una serie di adempimenti formale che la lavoratrice deve adempiere, tra cui la comunicazione al datore di lavoro, la presentazione di un certificato medico che attesti lo stato di gravidanza, la presentazione di un’apposita domanda all’INPS ecc.

È, dunque, sempre preferibile avere un preventivo colloquio con un avvocato del lavoro per chiarirsi le idee in un periodo tanto delicato come questo.

Come si chiede la maternità: avvocato

Per fruire del congedo di maternità, la lavoratrice deve presentare domanda presso l’INPS, generalmente entro i 2 mesi precedenti la data presunta del parto.

È possibile fare domanda direttamente sul sito dell’INPS accedendo tramite SPID (sistema di identità digitale), oppure mediante carta di identità in formato elettronico, allegando alla domanda una copia del certificato medico che attesta lo stato di gravidanza.

Attenzione! Il termine massimo per presentare la domanda è entro un anno dalla fine del periodo coperto dalla tutela INPS.

Dopo il parto, invece, la lavoratrice deve comunicare all’INPS, entro 30 giorni, la data del parto e le generalità del figlio nato.

Posso rinunciare al congedo di maternità?

Nato sotto il nome di “astensione obbligatoria”, oggi, il congedo di maternità prevede che la lavoratrice non possa lavorare per un periodo complessivo di 5 mesi fruibili a scelta, ad esempio 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo oppure 1 mese prima del parto e 4 mesi dopo, o ancora è possibile fruire di tutti i 5 mesi integralmente dopo il parto.

In quest’ultimo caso, però, è molto importante che il medico del servizio sanitario nazionale e il medico competente in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro certifichino che la lavoratrice prolungando il congedo non incorra in rischi per la propria salute o di quella del nascituro.

Attenzione, perché la lavoratrice non può mai rinunciare al congedo di maternità, eventuali ferie sostitutive infatti non potranno essere godute.

Quanti soldi prevede la maternità?

Una volta che la domanda è stata accolta, l’INPS riconosce l’80% della retribuzione del mese o delle 4 settimane precedenti al periodo in cui ha avuto inizio il congedo di maternità.

A seconda della categoria delle lavoratrici, avremo:

- il pagamento dell’indennità con anticipo da parte del datore di lavoro, e in questo caso l’indennità viene corrisposta all’interno della busta paga del mese in cui la lavoratrice è ritornata in servizio, salvo eventuali anticipazioni; 

- oppure, il pagamento dell’indennità direttamente dall’INPS, ad esempio nel caso di lavoratrice domestica, di operaia agricola a tempo determinato oppure per le lavoratrici del settore dello spettacolo.

In alcuni casi, se previsto dal contratto di lavoro, all’indennità INPS potrebbe seguire una integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro. Questo al fine di rendere la retribuzione stessa il più vicina possibile ai periodi di lavoro interamente svolto.

Devo avvisare il datore di lavoro della gravidanza?

È bene sapere che la lavoratrice al momento della firma del contratto di assunzione non è mai tenuta a comunicare al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza, nemmeno se assunta con contratto a termine.

Tuttavia, una volta instaurato il rapporto di lavoro subordinato, per usufruire dei congedi previsti dalla legge deve essere presentato il certificato medico di gravidanza rilasciato direttamente dal servizio sanitario nazionale o da altro ente certificato.

All’interno di detto documento è indicata anche la data presunta del parto, al fine di attestare la veridicità di quanto dichiarato dalla lavoratrice, ma ad ogni modo i certificati sono consultabili in ogni tempo dal datore di lavoro sul sito ufficiale dell’INPS.

Rientro a lavoro dopo la maternità

Uno dei principi fondamentali del rapporto tra maternità e lavoro è il divieto di licenziamento “dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di congedo obbligatorio dal lavoro, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino”.

Inoltre, terminati i 5 mesi di congedo di maternità obbligatorio, le madri lavoratrici rientrate al lavoro hanno diritto a delle ore al giorno per l’allattamento, che in genere vengono distribuite in questo modo: 1 ora ogni 6 ore, oppure 2 ore continuative al giorno.

Congedo obbligatorio e congedo parentale

Diversamente dal congedo di maternità che rappresenta un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per tutte le lavoratrici in dolce attesa, il congedo parentale è invece un periodo di astensione facoltativo concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali.

Il congedo parentale è rivolto solo a lavoratrici e lavoratori dipendenti, quindi non è solo per la madre, ma anche per il padre.

L'indennità di congedo non spetta a:

- genitori disoccupati o sospesi;

- genitori lavoratori domestici;

- genitori lavoratori a domicilio.

Quanto si viene pagati nel congedo parentale

Ai genitori lavoratori dipendenti spetta:

- un'indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l'inizio del periodo di congedo parentale, entro il compimento di 12 anni di età del bambino e per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di 9 mesi, che sono così articolati:

- alla madre spettano 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;

- al padre spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi;

- a entrambi i genitori spetta, in alternativa tra loro, un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi;

Infine, nel caso di genitore solo, viene riconosciuto un periodo di congedo parentale pari a 9 mesi indennizzati sempre al 30% della retribuzione.

Cassa integrazione, malattia e maternità

Come interagiscono Cassa integrazione, malattia, NASPI con la maternità?

La lavoratrice nel periodo in cui deve fruire del congedo obbligatorio non può mai essere posta in cassa integrazione.

Quando la lavoratrice è disoccupata, l’indennità di maternità le viene corrisposta, solo se non siano trascorsi più di 60 giorni dalla data di sospensione dal lavoro e la data di inizio del periodo di congedo.

Nel caso in cui tali termini siano ormai già superati, l’indennità viene erogata solo se la lavoratrice percepisce la NASPI.

Infine, quanto alle malattie occorre precisare che ogni malattia insorta durante il periodo di congedo non può essere indennizzata. Questo perché l’INPS attraverso l’indennità di maternità tutela già qualsiasi evento dannoso per la lavoratrice.

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