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Scioglimento del matrimonio – Consulenza legale


Avvocato per assegno di divorzio

L’ordinamento giuridico italiano prevede le seguenti cause di scioglimento del matrimonio civile:

1. la morte di uno dei due coniugi;

2. la dichiarazione di morte presunta;

3. il divorzio;

4. la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso.

In caso di matrimonio concordatario la legge non parla di scioglimento, ma di cessazione degli effetti civili, con ciò volendo sottolineare che se cessano gli effetti civili, non cessano però gli effetti religiosi.

In origine la legge italiana non ammetteva il cosiddetto divorzio consensuale ed era quindi necessaria sempre una sentenza del giudice che accertasse la presenza di determinate condizioni, ovviamente su ricorso di uno dei coniugi interessati.

Oggi, invece è possibile che la separazione o il divorzio siano conclusi attraverso la cd. Negoziazione Assistita, ovvero un accordo con il quale i coniugi risolvono le loro controversie senza rivolgersi al tribunale, con l’assistenza di un avvocato specializzato in rapporti matrimoniali, evitando così le lungaggini e i costi, soprattutto delle spese legali e processuali, tipici della fase giudiziale.

Cosa si intende per divorzio?

Il divorzio è stato introdotto nell’ordinamento giuridico nel 1970. Fino a tale momento, l’unica causa di scioglimento del matrimonio era la morte. Il matrimonio, fino a quando entrambi i coniugi erano in vita era indissolubile. L’introduzione del divorzio è sicuramente una svolta rispetto a quella tradizione millenaria ispirata all’idea cattolica di indissolubilità del matrimonio.

Il giudice dopo aver esperito inutilmente il tentativo di conciliazione dei coniugi e dopo aver accertato che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta e ricostituita pronuncia la sentenza di divorzio. Ci sono però delle condizioni tassative che il giudice deve accertare, ad esempio che la separazione sia protratta ininterrottamente:

- per almeno 12 mesi, se si tratta di separazione giudiziale, ovvero realizzata con l’intervento del giudice;

- per almeno 6 mesi, se si tratta di separazione consensuale, ovvero quando marito e moglie raggiungono un accordo, preferibilmente con l’assistenza di un avvocato, per regolare i loro rapporti in ordine agli effetti patrimoniali, al mantenimento dei figli e al loro affidamento.

La pronuncia di divorzio determina la fine dello status coniugale, con tutti i conseguenti effetti sia patrimoniali sia personali. Il presupposto del divorzio è quindi la disgregazione della comunione tra i coniugi.

Separazione personale e Divorzio: differenze

La separazione personale si distingue dal divorzio perché consiste nella legale sospensione dei doveri reciproci dei coniugi.

Con la separazione non si ha lo scioglimento del matrimonio, per cui i coniugi non possono contrarre nuovo matrimonio, differentemente dal divorzio dopo il quale si possono contrarre nuove nozze.

Inoltre la separazione ha carattere transitorio perché può terminare anche con la riconciliazione dei coniugi, differentemente dal divorzio che invece ha carattere definitivo.

Esistono tre differenti tipi di separazione:

La separazione di fatto che consiste nell’interruzione della convivenza tra i coniugi senza l’intervento da parte del giudice e del tribunale. Si ritiene quindi che non abbia un forte rilievo giuridico, anche se ad esempio in caso di adozione speciale la separazione di fatto, ugualmente alla separazione legale, costituisce un impedimento.

La separazione consensuale avviene mediante accordo tra i coniugi con un successivo intervento da parte del tribunale, infatti questo accordo acquista efficacia solo dopo il decreto di omologa del giudice, ossia un provvedimento con cui si dichiara l’esecutività delle pattuizioni dopo aver controllato che il contenuto sia in linea con gli interessi della famiglia.

La separazione giudiziale è invece la separazione che viene pronunciata da parte del Tribunale, attraverso una sentenza del giudice che si impone sulla volontà delle parti, su richiesta di uno dei due coniugi o su richiesta di entrambi i coniugi quando la prosecuzione della convivenza è intollerabile o produce effetti pregiudizievoli nei confronti dei figli.

A seguito della separazione i coniugi possono decidere di riconciliarsi oppure di divorziare, ma in realtà potrebbero anche decidere di rimanere separati per tutta la vita.

Dopo quanto tempo dalla separazione si può divorziare? Assegno di mantenimento

Il divorzio, se i coniugi si sono separati consensualmente, potrà avvenire dopo 6 mesi dalla separazione. Se invece i coniugi si sono separata giudizialmente il divorzio potrà avvenire dopo 12 mesi dalla pronuncia passata in giudicato della separazione.

Occorre ribadire che la separazione non ha limiti di tempo né scadenze da rispettare, per cui una coppia di coniugi può scegliere di rimanere in separazione anche per tutta la vita senza mai divorziare.

Al momento della separazione, la legge stabilisce a vantaggio del coniuge, al quale non è addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge un assegno di mantenimento (oltre agli assegni familiari per il figlio affidato), qualora non abbia adeguati redditi propri e sia quindi economicamente più debole.

L’entità dell’assegno di mantenimento è determinata in relazione al reddito del coniuge che deve versarlo, ma comunque deve assicurare al coniuge che lo riceve lo stesso tenore di vita goduto durante la convivenza, sempre che quest’ultimo non sia economicamente autosufficiente.

Che succede dopo il divorzio?

Il divorzio produce effetti personali ed effetti patrimoniali.

Tra gli effetti personali si realizza innanzitutto:

1. Lo scioglimento del matrimonio con conseguente possibilità di contrarre un nuovo matrimonio;

2. La perdita per la moglie del cognome del marito.

Per quanto concerne gli effetti patrimoniali, con la sentenza di divorzio, sorge l’obbligo per uno dei due coniugi di corrispondere all’altro un assegno periodico: l’assegno di divorzio.

Che cos’è l’assegno di divorzio?

L’emanazione da parte del giudice della sentenza di divorzio, produce determinati effetti: personali e patrimoniali. Tra gli effetti patrimoniali la legge sul divorzio prevede l’obbligo per uno dei due coniugi di corrispondere all’altro un assegno periodico, in proporzione alle proprie sostanze ed ai propri redditi. L’assegno divorzile ha una funzione diversa dall’assegno di mantenimento che viene stabilito a seguito della separazione dei coniugi.

In primo luogo l’assegno di divorzio ha natura assistenziale, in quanto il giudice deve accertare una situazione di difficoltà economica dell’altro coniuge e l’impossibilità di provvedere al proprio mantenimento. Ciò in rispetto del principio di solidarietà coniugale durante il matrimonio e in ragione del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia.

A cosa serve l’assegno di divorzio?

L’assegno divorzile è stato oggetto di molte riforme di legge. Il legislatore è più volte intervenuto sul tema. Nell’ordinamento vigente l’assegno di divorzio svolge differenti funzioni.

Più precisamente, una funzione assistenziale, una funzione perequativa ed una funzione compensativa.

Si parla, infatti, di funzione perequativo-compensativa per sottolineare che il contributo economico del coniuge che versa l’assegno divorzile è volto a consentire al coniuge che lo riceve la possibilità di raggiungere un’autosufficienza economica concreta che gli consenta di vivere una vita dignitosa.

Calcolo assegno di divorzio: Consulenza legale

Non ci sono delle somme prestabilite per indicare l’entità dell’assegno di divorzio, infatti il calcolo dell’ammontare viene fatto in considerazione della condizione economica di marito e moglie.

L’assegno divorzile dovrà essere calcolato tenendo conto delle tre funzioni che svolge: funzione assistenziale, funzione compensativa e funzione perequativa.

Il giudice effettuerà una verifica della posizione economica del soggetto che richiede l’assegno di divorzio, del contribuito che tale soggetto ha effettuato nella cura della vita familiare, dei sacrifici professionali fatti durante il matrimonio e sulla base di queste valutazioni determinerà in maniera obiettiva l’importo dell’assegno, che ad ogni modo spetterà solo al coniuge più debole.

Per questo motivo è importante affidarsi ad un team di avvocati specializzati che abbia esperienza nel settore dei divorzi e delle separazioni coniugali al fine di avviare indagini più approfondite sul patrimonio economico di moglie e marito, considerando redditi da lavoro, proprietà immobiliari, partecipazioni in società, denaro depositato su conti correnti ecc.

Avvocato economico per il divorzio

Divorziare non è mai semplice, a volte ha un effetto liberatorio, altre volte può provocare delusioni sentimentali di difficile ripresa. Allora, almeno da un punto di vista legale occorre tutelarsi per non aggravare ancor di più la propria condizione.

Cercare un buon consulente legale è fondamentale, ma l’errore più comune è quello di orientare la propria scelta solo sulla parcella del professionista. Certamente si preferisce la ricerca di un avvocato economico, ma attenzione perché si consiglia sempre di valutare prima di tutto la sua specializzazione in tema di rapporti coniugali e più specificamente di assegno di divorzio. 

L’avvocato, con un’attenta analisi, potrà quindi comprendere quanto spetterà al coniuge che ha chiesto il divorzio e che sia economicamente più debole rispetto all’altro, il quale quindi potrebbe essere obbligato con sentenza del giudice a corrispondere una somma periodica per garantire il mantenimento, le cure e un tenore di vita dignitoso all’ex coniuge.

Quando non si ha più diritto all’assegno di divorzio?

L’obbligo di corresponsione dell’assegno di divorzio cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.

Tuttavia, recentemente, si è sostenuto che in tema di unione civile (non anche in caso di matrimonio), anche in caso di convivenza con il nuovo partner il diritto all’assegno di mantenimento venga meno.

È necessario però che la convivenza sia stabile e protratta per un periodo di tempo rilevante successivo al divorzio.

A volte non è possibile seguire in maniera tassativa la legge, anche perché essa stesa prevede delle variabili che possono incidere differentemente sui rapporti patrimoniali tra coniugi o partner di unioni civili, per questo si consiglia sempre di consultare un avvocato divorzista per analizzare nello specifico il proprio caso.

Instaurazione di una nuova convivenza dopo il divorzio

L’instaurazione di una nuova convivenza non determina l’automatico venire meno del diritto, da parte del coniuge, a ricevere l’assegno di divorzio da parte dell’altro coniuge.

L’ordinamento giuridico, prevede infatti la perdita del diritto ad ottenere l’assegno solo nell’ipotesi in cui il coniuge contrae un nuovo matrimonio e non anche nell’ipotesi in cui il coniuge instauri una nuova convivenza senza matrimonio.

L’assegno divorzile, come abbiamo detto, svolge tre differenti funzioni: assistenziale, compensativa e perequativa.

Con l’instaurazione di una nuova convivenza, viene meno la funzione assistenziale. Il coniuge dovrà corrispondere all’altro coniuge un assegno di divorzio che svolga una funzione compensativa e perequativa, perché il nuovo legame sotto il profilo della tutela assistenziale si sostituisce al precedente.

Se sono divorziata ho diritto all’eredità di mio marito?

Sul piano successorio i coniugi perdono ogni reciproco diritto come conseguenza della perdita del relativo status coniugale, ciò significa che la moglie o il marito non hanno più la qualifica di eredi legittimi.

La legge, però, ha previsto alcuni diritti che l’ex coniuge superstite può vantare.

In primo luogo, se un soggetto muore senza lasciare un coniuge superstite, la pensione di reversibilità spetta all’ex coniuge, purché sia già titolare dell’assegno divorzile.

In secondo luogo, se l’ex coniuge superstite sia in stato di bisogno, alla morte del coniuge obbligato a versare l’assegno di divorzio, il tribunale può porre a carico dell’eredità un altro assegno periodico a suo favore, che può anche essere corrisposto in un’unica soluzione.

Infine, l’ex coniuge titolare dell’assegno divorzile, sempre che non sia passato a nuove nozze, ha diritto ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge al momento della cessazione del rapporto di lavoro. La percentuale è pari al 40%.

È chiaro che non si tratta di situazioni sempre pacifiche, soprattutto quando è necessario dividere l’eredità del defunto con altri eredi (figli, attuale coniuge, fratelli, parenti ecc.) e spesso si finisce per non percepire nulla se non ci si tutela. È in questi casi che subentra la consulenza legale dell’avvocato, il quale, se scelto con cura, saprà valutare la strategia più forte per soddisfare i diritti che spettano al proprio cliente.

Con questo portale è possibile entrare in contatto con avvocati specializzati presenti in tutta Italia, individuando il professionista più esperto in questo settore specifico, più vicino alla propria città e che magari sia anche un avvocato economico.

Come divorziare nelle Unioni Civili

Anche i partner di un’Unione Civile possono chiedere il divorzio, proprio come nel matrimonio, ma ci sono delle differenze procedurali.

Nell’unione civile la strada per divorziare è molto più veloce, infatti non è necessario passare per la formale separazione (6 mesi quella consensuale e 12 mesi quella giudiziale) ma è sufficiente che i partner comunichino all'ufficiale di stato civile, anche separatamente, la loro intenzione di dividersi.

Dopo che siano trascorsi solo 3 mesi da tale comunicazione è possibile fare domanda di divorzio.

Come nel matrimonio, il divorzio può essere chiesto in tribunale o mediante una negoziazione assistita da avvocati, ma in più c’è la possibilità di rivolgersi al Sindaco del luogo ove è registrata l’unione civile.

Modifica dell’assegno di divorzio: Studio legale online

Se dopo la sentenza di divorzio, sopraggiungono dei motivi tali da poter incidere sulla determinazione e sulla quantificazione dell’assegno di divorzio, occorrerà rivolgersi ad un avvocato per valutare tutte le nuove variabili.

Uno dei motivi che può determinare la revisione dell’assegno divorzile si verifica, ad esempio, quando il coniuge che è tenuto a versare l’assegno di divorzio all’altro coniuge viene licenziato e perde il posto del lavoro. In questo caso il coniuge potrà rivolgersi all’avvocato per meglio comprendere qual è la tutela più opportuna. Ulteriore esempio in cui può essere richiesta la revisione dell’assegno di divorzio è costituita dalla moglie che venga assunta con un contratto di lavoro stabile.

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