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Babysitter in nero: cosa si rischia


Babysitter in nero: cosa rischia il datore di lavoro?

Il lavoro di babysitter è molto spesso svolto a nero, e ciò a volte agevola il lavoratore che mette direttamente i soldi in tasca, altre volte favorisce i genitori che in quanto datori di lavoro non devono registrare alcun contratto di lavoro e inoltre non hanno alcun vincolo nei confronti della tata, né obblighi di natura contrattuale, ad esempio ferie, malattie, straordinari, permessi ecc.

Ma, da oggi in poi sembrano esserci brutte notizie per chi non registra il contratto di lavoro domestico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha infatti attribuito a coloro che svolgono attività in nero in casa altrui un grosso strumento giuridico di ricatto nei confronti del datore di lavoro.

È sempre consigliato, però agire con l’assistenza di un buon avvocato e non in via autonoma. Vediamo nel dettaglio a quali situazioni ci si riferisce.   

Lavoro domestico: che valore ha

Al pari di qualunque altro lavoro, anche il lavoro domestico come quello di babysitter va denunciato all’ufficio del lavoro, quindi occorre aprire un’apposita pratica di assunzione, versare lo stipendio, consegnare il cedolino e accantonare il TFR per la fine del rapporto di lavoro.

La natura delle attività svolte non alterna la qualifica giuridica di contratto lavorativo, con tutte le conseguenze che ne derivano.

L’unica grande differenza è che in questo ambito il licenziamento può avvenire in qualunque momento e senza necessità di giusta causa o di motivazione legittima.

Contratto babysitter in nero: cosa succede?

Se non vengono adempiute tutte le formalità previste dal paragrafo precedente, il datore di lavoro rischia:

- di subire tutte le sanzioni che vengono irrogate a qualunque azienda che paga lavoratori in nero;

-  di essere condannato al pagamento dei contributi non versati all’INPS, naturalmente con importi più alti proprio in virtù della sanzione applicata, che vanno dai 200 ai 500 euro nei casi di violazioni meno gravi fino ad arrivare a 3.000 euro;

- di dover pagare, alla babysitter, gli importi risultati dalla differenza con le somme indicate nei contratti di lavoro collettivi.

Ma non è finita qui, perché nel caso in cui il pagamento alla babysitter sia avvenuto sempre in contanti e dello stesso non vi sia traccia scritta, come di solito avviene tra l’altro, quest’ultima potrebbe chiedere di nuovo il pagamento di tutte le mensilità in cui ha svolto il proprio lavoro.

È vero che in genere i propri bambini vengono lasciati solo nelle mani di persona di fiducia e che non ci si aspetta un ricatto del genere, ma essere prudenti non è mai sbagliato.

La pretesa della babysitter sarebbe lecita a tutti gli effetti, diverso se ad esempio il pagamento avviene con bonifico del quale c’è comunque una traccia, anche se non specificato nella causa la motivazione precisa del versamento.

Novità della legge: avvocato per babysitter

Una cassazione del 2019 ha consentito alle babysitter, stesso discorso vale anche per le colf e per le badanti, il diritto di utilizzare registratori e telecamere all’interno dell’abitazione presso cui svolge la propria attività lavorativa.

Qual è lo scopo?

Di sicuro quello di procurarsi una prova dello svolgimento del proprio lavoro per un eventuale azione in giudizio contro il datore che non l’ha pagata. Oltre a ciò se il contratto è a nero ovviamente potrà essere chiesto al giudice la regolarizzazione dello stesso, l’attribuzione delle ferie e addirittura la buona uscita, a prescindere dalle sanzioni civili che comunque verranno irrogate al genitore che l’ha “assunta” per i propri figli.

Babysitter usa telecamere: c’è violazione della privacy?

A prima vista potrebbe sembrare che il potere concesso alle babysitter di introdurre telecamere nella casa in cui lavorano sia lesivo del diritto di privacy verso i proprietari e verso i familiari, a maggior ragione perché in genere si tratta di bambini e quindi minori.

Ma ci sono due modi per evitare la violazione della privacy:

1. la babysitter deve essere fisicamente presente al momento della registrazione, nel senso che non può lasciare telecamere fisse in casa;

2. non devono essere filmate scene riguardanti la vita privata della famiglia.

Quindi, è sicuramente uno strumento di tutela per le babysitter, ma attenzione a come si usa, altrimenti si rischia di essere poi accusate di violare la riservatezza della famiglia.

Che succede se la babysitter si fa male durante il lavoro?

Se la babysitter lavora in nero e si fa male in casa del proprio datore di lavoro ha tutti i diritti per denunciarlo e chiedere il risarcimento dei danni.

Diversamente se fosse assunta con un regolare contratto di lavoro, avrebbe l’assicurazione per incidenti sul luogo del lavoro data dall’ente previdenziale.

Se la babysitter viene solo qualche giorno?

Anche nel caso in cui la babysitter dovesse accudire i bambini solo per poche ore e per qualche giorno a settimana, si tratterebbe comunque di un lavoro continuativo seppur ad intermittenza e non giornaliero.

Quindi, gli avvocati consigliano sempre di regolarizzare l’attività svolta dalla babysitter con una lettera di assunzione nella quale si specificano le ore di lavoro, i giorni di servizio e la paga pattuita, nonché un eventuale periodo di prova e le ferie previste.

È pur vero poi che un contratto regolare di lavoro aiuta anche a rendere il rapporto tra datore e dipendente più stabile e in lavori del genere, considerando che la babysitter trascorrerà ore nella propria casa e a contatto con i propri bambini è fondamentale creare un clima di fiducia e di rispetto reciproco.

Ad ogni modo, laddove dovessero presentarsi dei problemi relazionali e lavorativi, il primo consiglio utile è quello di tentare un accordo pacifico con i genitori o con la tata, a seconda di chi sia portatore di discordia, e solo se non risulta possibile ricorrere ad un avocato specializzato in diritto del lavoro per una consulenza legale.

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