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Chiamo il mio avvocato! Non è una minaccia ma un diritto


    Chiamo il mio avvocato! Non è una minaccia ma un diritto

    Chiamo il mio avvocato! Anticipare a qualcuno questa reazione in risposta ad una condotta e paventando la denuncia non costituisce né oltraggio né minaccia. E' l'espressione di un diritto soprattutto se dal tono non sia ravvisabile un atteggiamento arrogante ma si resti nel confronto civile. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n.20320 del 15 maggio 2015.

    Nel caso di specie l'imputato si era rivolto ad un carabiniere con la seguente espressione "se mi fai la contravvenzione giuro che te la faccio pagare, chiamo il mio avvocato e ti querelo". Ebbene in primo e secondo grado l'uomo era stato ritenuto colpevole. Lo stesso, però, si era rivolto in Cassazione lamentando mancanza di rilevanza penale dell'espressione usata. Nella difesa si legge infatti che chiamare l'avvocato costituiva, nell'intenzione dell'uomo, un tentativo di porre freno ai continui controlli del carabiniere, che lo stavano mettendo in cattiva luce anche agli occhi dei vicini. Si contestava anche l'elemento psicologico posto che l'unico obiettivo era quello di difendere i propri diritti. Da ultimo veniva chiesto di valutare le circostanze attenuanti visto che risultavano alcuni provvedimenti precedenti a suo carico rivelatisi non fondati.  I giudici hanno stabilito che "la contestuale prospettazione di «farla pagare», chiamare l'avvocato e querelare il carabiniere, se questi avesse elevato la contravvenzione per il mancato uso delle cinture di sicurezza, manifesta - ancorchè espressa con toni risentiti ed esagitati - piuttosto una condotta reattiva di mera prospettazione di generiche conseguenze negative".

    Accogliendo il motivo poc'anzi esposto, i giudici annullano senza rinvio le sentenze precedenti per insussistenza del fatto.

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