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Quando il lavoro porta alla depressione: avvocato


Depressione da lavoro: tutela dipendenti

Un ambiente di lavoro sano è fondamentale nella vita di ciascuno, sia per svolgere al meglio le proprie mansioni lavorative, sia per non riversare ansie e frustrazioni nella propria vita privata.

Tuttavia, è innegabile che alcune realtà aziendali sono poco sensibili al benessere dei propri dipendenti e in Italia, statisticamente, sono le donne a soffrire maggiormente di depressione da lavoro.

È probabile che la situazione si sia aggravata anche a seguito della pandemia Covid-19, che per molte persone ha comportato la perdita del posto di lavoro e in automatico una instabilità economica difficile da affrontare.

Inoltre, con l’utilizzo esclusivo dello smart working c’è stata quasi una privazione totale della vita privata, in quanto gli orari lavorativi difficilmente vengono rispettati in ragione del fatto che non vi è un luogo fisico dal quale andar via una volta scattato l’orario di fine lavoro.

Le cause dello stress dei dipendenti

Le cause scatenanti una depressione da lavoro possono essere molteplici, in linea di massima le più frequenti sono lo seguenti:

- essere costretti a lavorare oltre l’orario contrattuale, al di là degli straordinari;

- subire molestie verbali e discriminazioni sul luogo di lavoro, che potrebbero integrare con tutta probabilità ipotesi di mobbing;

- dover svolgere mansioni non in linea con le proprie competenze professionali;

- ricevere una paga molto bassa ed essere oberati di lavoro.

L’errore più grave è quello di sottovalutare queste cause e di assumere un atteggiamento inizialmente accomodante, magari per compiacere il capo o perché si necessità di fare bella figura essendo assunti da poco in azienda.

Occorre, invece, agire tempestivamente con l’assistenza di un avvocato del lavoro, ed essere consapevoli dei propri diritti di lavoratore dipendente che l’ordinamento giuridico italiano prevede, considerando che il lavoratore singolo è sempre la parte debole del rapporto di lavoro subordinato.

I sintomi della depressione da lavoro

La depressione causata dal lavoro ha sintomi simili a quelli di una normale depressione, seppur alcuni di essi potrebbero accentuarsi solo in ambito lavorativo.

Tra i sintomi più comuni rientrano:

- l’ansia per lo svolgimento delle proprie mansioni lavorative;

- poca energia e conseguente disattenzione nei compiti affidati;

- crisi di pianto al lavoro;

- incapacità di concentrarsi o prestare attenzione alle attività lavorative;

- irritabilità e poca tolleranza con i colleghi di lavoro;

- aumento delle assenze e ripetuti permessi di entrate posticipate o uscite anticipate, proprio testimonianza della difficoltà a permanere nel luogo di lavoro.

Chi soffre di depressione può essere licenziato?

Sul piano giuridico il provvedimento con cui viene licenziato un lavoratore che soffra di ansia e depressione è invalido, quindi non efficace.

In questo senso, il lavoratore è tutelato dalla normativa contenuta nel Contratto collettivo nazionale di lavoro, in cui si precisa che “in caso di patologia caratterizzata da ansia e panico non è possibile sanzionare il dipendente sul piano disciplinare”.

Ad ogni modo, se il datore di lavoro dovesse emettere un provvedimento di licenziamento, questo dovrebbe essere contestato dal lavoratore il prima possibile, ma preferibilmente con l’assistenza di un avvocato specializzato nel settore, il quale sia in grado di dimostrare l’illegittimità del licenziamento stesso ed eventualmente pretendere dal datore di lavoro anche un risarcimento economico per i danni arrecati al dipendente.

Come tutelare i dipendenti? Consulenza legale

Tutelare la salute dei lavoratori è un vero e proprio obbligo del datore di lavoro, come evidenziato anche dall’articolo 2087 del codice civile, in cui si prevede espressamente quanto segue:

“L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

Dunque, in caso di mancata osservanza di tale obbligo da parte del datore di lavoro, possono verificarsi due principali conseguenze:

1. il rifiuto legittimo del lavoratore subordinato di conformarsi alle direttive aziendali, cioè andare a lavoro, svolgere le mansioni a lui affidate;

2. richiesta di risarcimento economico per i danni arrecati alla salute del dipendente, qualora si dimostri che tali danni siano stati cagionati per colpa del datore di lavoro mediante comportamenti anche omissivi, ad esempio noncuranza nel garantire un ambiente di lavoro sereno.

Per attivare queste tutele è però consigliabile rivolgersi o a dei sindacati del lavoro o direttamente al proprio avvocato di fiducia per una risoluzione più celere della controversia.

Quanto costa fare causa al datore di lavoro: avvocato economico

Quanto costa fare una causa di lavoro? A questa domanda con tutta probabilità la risposta di ogni avvocato non potrebbe mai essere netta, nel senso che i costi processuali variano a seconda dei casi specifici, della difficoltà della controversia, degli interessi tutelati, dalle tempistiche ecc.

Ad ogni modo, i costi fissi sono i seguenti:

- versamento di un contributo unificato, ovvero la tassa da pagare per dare avvio alla causa;

- spese per la notifica e il deposito degli atti giudiziari;

- spese legate alla necessità di fare fotocopie, visure, controlli vari nei registri pubblici;

- il costo di mediazione, laddove questa sia richiesta.

A questi oneri, che comunque non sono gli unici, si aggiungono altre spese che in un certo senso sono variabili, prima fra tutte la parcella dell’avvocato che ci assiste nel processo.

Certamente, bisogna valutare che se a fare causa è un lavoratore dipendente è chiaro che questi non disporrà di ingenti somme per sostenere il giudizio ed è proprio per questo motivo che il più delle volte i datori di lavoro abusano della propria posizione consci del fatto che difficilmente saranno citati in giudizio dai propri dipendenti.

Allora che fare? Un primo consiglio è quello di controllare se con il proprio reddito si rientra nel gratuito patrocinio dello Stato, in alternativa è possibile ricercare, anche attraverso questo portale, un avvocato economico che al tempo stesso offra una difesa competente e completa durante tutto il processo.

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