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Consulenza legale per licenziamento ingiusto


Licenziamento ingiusto: come impugnarlo

Pensi di essere stato vittima di un licenziamento ingiusto e vorresti contattare un avvocato specializzato in materia di lavoro per sapere come impugnare il provvedimento e come far valere i tuoi diritti?

Meglio agire tempestivamente e non perdere tempo: la legge, infatti, prevede dei termini abbastanza stretti per impugnare il licenziamento. Trascorsi questi ultimi sarebbe impossibile contestare anche un provvedimento palesemente illegittimo ed ingiusto.

Naturalmente, occorrerà analizzare il singolo caso e valutare se ci si trova dinanzi ad un licenziamento illegittimo perché non derivante da una giusta causa o da un motivo giustificato, oppure dinanzi ad un licenziamento inefficace perché effettuato solo oralmente oppure senza rispettare i requisiti imposti dalla legge.

È evidente quindi che la consulenza legale di un buon avvocato può essere determinante per la tutela delle proprie ragioni e per evitare ulteriori danni.

Diversi tipi di licenziamento

L'ordinamento giuridico riconosce differenti tipologie di licenziamenti:

  1. Per giusta causa;
  2. Per giustificato motivo soggettivo;
  3. Economico o per giustificato motivo oggettivo;
  4. Collettivo.

La consulenza di un avvocato specializzato in materia del lavoro può prima di tutto aiutarti a capire in quale tipologia di licenziamento rientra il tuo caso e se ci sono i margini per impugnarlo oppure no.

Licenziamento illegittimo: Parere legale

Quando la ragione indicata dal datore di lavoro è in realtà inesistente, il licenziamento è illegittimo. Si pensi ad esempio all’accusa volta al lavoratore di aver commesso degli errori gravi in un progetto, che in realtà hanno commesso altri, oppure alla soppressione del posto di lavoro per motivi economici, scoprendo poi che ci sarà l’assunzione di nuovo personale.

In tutti questi casi, a seguito dell’impugnazione curata da un avvocato specializzato, se il giudice accerta che il licenziamento è illegittimo, il lavoratore può ottenere due tipi di tutele:

- Reintegrazione del posto di lavoro, in forza della quale l’azienda è obbligata a rimettere in servizio il dipendente con le stesse mansioni che aveva in precedenza e a pagargli tutte le mensilità arretrate, dal momento del licenziamento al giorno di effettiva reintegra.

- Tutela indennitaria, con cui il lavoratore avrà diritto ad un risarcimento dei danni senza però essere ricollocato nella sua posizione lavorativa.

Individuare l’applicazione dell’una o dell’altra tutela dipenderà dal caso specifico e dalle prove che il dipendente riuscirà a dimostrare in giudizio, per questo è essenziale affidarsi ad uno Studio legale competente in materia.

Perdita del posto di lavoro: quando è legittima?

Per quanto possa essere sempre un avvenimento negativo, il licenziamento che corrisponde alla cessazione del rapporto di lavoro a volte può essere legittimo e tutelare il datore di lavoro.

L’effetto del licenziamento, infatti, è quello di perdere il posto di lavoro e a ragion di ciò la legge prevede che possa essere valido solo se basato su un giustificato motivo o su una giusta causa.

In genere i motivi posti alla base del licenziamento possono riguardare:

- la condotta negligente del dipendente, si pensi ad esempio a continui ritardi, ad errori frequenti nelle mansioni da svolgere, alla mancata precisione ecc. trattandosi in questi casi di licenziamento disciplinare, oppure

- scelte tecniche e organizzative aziendali, dando luogo in questo caso ad un licenziamento economico.

Inoltre, è bene sapere che un licenziamento per essere valido deve essere comunicato per iscritto nella cosiddetta lettera di licenziamento in cui deve essere indicato in maniera precisa il motivo per cui avviene la cessazione del rapporto di lavoro.

Come impugnare un licenziamento

Supponiamo di essere nel campo delle possibilità di impugnazione. Come procedere? Con atto scritto, il lavoratore può dichiarare la volontà di opporsi alla validità del licenziamento. Di seguito l'iter da seguire in ordine cronologico:

  1. Fase stragiudiziale: entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento, inviare al datore di lavoro una lettera di contestazione del licenziamento. Il conteggio dei termini si basa sulla data di spedizione, anche se l'azienda la riceve oltre l'ultima data utile. Nella missiva il lavoratore licenziato dovrà spiegare le sue ragioni.
  2. Fase giudiziale: deve seguire necessariamente la lettera che altrimenti resterebbe poi priva di ulteriori effetti. Entro un nuovo termine di 180 giorni (dal termine ultimo per inoltrare l’impugnativa stragiudiziale) il ricorrente dovrà depositare il ricorso presso la cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro oppure comunicare la volontà di un tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL). Se l'invito viene rifiutato (o non si trova l'accordo sperato), ci saranno 60 giorni di tempo per rivolgersi al giudice.

La procedura generale è quella appena illustrata, ma è possibile che si abbiano ancora dubbi data la particolarità del proprio caso, e allora è fortemente consigliabile cercare l'avvocato esperto in materia del lavoro anche online e richiedere un appuntamento o un preventivo per una consulenza legale.  

Dipendente a tempo indeterminato: quando si può licenziare?

È risaputo che un contratto a tempo indeterminato fornisce una forte tutela al dipendente ed è per questo che la legge prevede la possibilità di licenziamento solo in due ipotesi:

1. Comportamento colpevole o in mala fede del lavoratore, ovvero il cosiddetto “Licenziamento disciplinare”;

2. Questioni legate alla struttura aziendale, cioè la necessità di chiudere un settore, fronteggiare una crisi del mercato o migliorare la produttività tagliando gli sprechi, ovvero il “Licenziamento per giustificato motivo oggettivo”.

Tuttavia, si ritiene che il licenziamento possa realizzarsi anche quando il datore di lavoro ritenga che la risorsa del lavoratore non sia più utile alla sua impresa, perché è vero che il dipendente rappresenta la parte debole, ma è pur vero che in un’ottica strettamente economica il datore di lavoro ha il diritto di organizzare nel modo più proficuo la sua attività lavorativa.

Quanti stipendi spettano se il licenziamento è illegittimo?

Immaginiamo che un datore di lavoro licenzi un proprio dipendente giustificandosi con la necessità di essere costretto a ridurre le risorse lavorative nella propria azienda, in realtà però il dipendente sa già che il suo posto di lavoro verrà attribuito ad una nuova persona.

In questo caso il licenziamento potrebbe essere illegittimo e oggetto di impugnazione, ma le tutele per il lavoratore cambiano a seconda del vizio che ha causato il licenziamento, della data di assunzione e delle dimensioni dell’azienda.

Ad esempio, nelle aziende particolarmente grandi, con più di 15 dipendenti, la tutela indennitaria va da 2 a 12 mensilità della retribuzione spettante al dipendente in caso di licenziamento dovuto ad errori formali.

Se invece, l’azienda ha dimensioni contenute, in caso di licenziamento illegittimo, la tutela indennitaria oscilla tra le 6 e le 12 mensilità.

Licenziamento ritorsivo e discriminatorio

Spesso queste due tipologie di licenziamento vengono confuse, tuttavia ci sono delle distinzioni marcate. In primis il licenziamento è ritorsivo quando è determinato da motivo illecito, mentre è discriminatorio quando si basa su discriminazioni di genere (ipotesi più frequente), di nazionalità, di età ecc.

Quanto alle prove in giudizio, nell’ipotesi di licenziamento ritorsivo, è il lavoratore che deve indicare e provare i fatti specifici da cui si desume l’intento ritorsivo del datore di lavoro, inteso quale motivo unico e determinante della cessazione del rapporto di lavoro.

Dunque, appurato che il licenziamento sia ritorsivo, la conseguenza immediata è la sua nullità e l’inefficacia nei confronti del lavoratore.

Cerca avvocato economico per licenziamento ingiusto

Perdere il lavoro comporta una serie di conseguenze più o meno gravi dal punto di vista economico, poiché una volta terminati i propri risparmi saranno messe a rischio le necessità primarie della propria vita, si pensi al pagamento dell’affitto, alle cure mediche, alle spese quotidiane ecc.

È anche vero che nel rapporto di lavoro subordinato, il dipendente rappresenta la parte debole e per difendersi da un ingiusto licenziamento necessita dell’assistenza di un buon avvocato, ma ciò comporta inevitabilmente delle spese.

Cercare un avvocato economico, allora, diventa indispensabile per tutelare i propri diritti, a condizione che sia anche esperto nel settore dei licenziamenti e che abbia una cospicua esperienza alle spalle.

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