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Si può registrare una conversazione di lavoro?


Posso registrare la conversazione con il mio capo?

Le dinamiche lavorative non sempre sono pacifiche e spesso i dipendenti si trovano messi alle strette dai propri datori di lavoro, i quali ad esempio non hanno dato una promozione promessa in precedenza, oppure si sono rifiutati di concedere le ferie già pattuite o ancora esercitano pressioni ingiustificate ecc., e allora i dipendenti si trovano costretti ad utilizzare degli escamotage, a volte non leciti, pur di tutelare i propri diritti.

Registrare una conversazione di lavoro intrattenuta con il proprio datore di lavoro può essere uno di questi? E soprattutto, tale strumento se utilizzato per ottenere quanto pattuito è lecito oppure costituisce reato?

L’argomento è più che mai delicato, ma non lontano dalla realtà quotidiana perché spesso si sente parlare di società o aziende che sono in causa con i propri lavoratori a seguito di una registrazione a scopo di ricatto.

Vediamo nel dettaglio i riflessi penali e civili di tali vicende.

Quando è reato registrare una conversazione con il capo

È indiscutibilmente reato registrare una conversazione di lavoro senza partecipare personalmente alla stessa, in quanto equivale ad un’intercettazione non autorizzata.

Quindi, è punito penalmente chi piazza una cimice in sala riunioni e non partecipa alla discussione, stessa cosa se a registrare è un altro apparecchio, come un cellulare, un pc, un tablet ecc.

Una condotta del genere costituisce di per sé reato, nel senso che per incorrere in responsabilità penale non è necessario diffondere o utilizzare le registrazioni contro il capo, e infatti il reato non viene meno neppure se, in seguito, le registrazioni vengono cancellate perché non sono più utili al dipendente.

Dove si può registrare una conversazione di lavoro

La giurisprudenza ha chiarito che la registrazione di una conversazione non può avvenire presso la privata di mora dell’interessato. Tuttavia, per privata dimora deve intendersi non solo la casa di abitazione personale o familiare, ma anche i luoghi destinati allo svolgimento della propria professione, cioè il proprio studio legale, l’azienda, la sede della società ecc.

Il fatto poi che il luogo di lavoro sia un luogo aperto al pubblico non deve trarre in inganno, si pensi ad esempio ad un bar, un ristorante, un centro estetico e simili, in quanto anche per questi ambienti la Corte di Cassazione ha affermato che le registrazioni sono vietate.

L’unico requisito che può renderle legittime è rappresentato dalla finalità cui esse sono tese, ossia la tutela di un diritto del dipendente.

Quando una registrazione è legittima

Le condizioni che rendono legittima la registrazione di un colloquio di lavoro da parte del dipendente sono le seguenti:

- la presenza costante di chi registra la conversazione, ciò significa che non ci si può allontanare dal luogo in cui avviene il colloquio lasciando acceso il dispositivo di registrazione;

- il luogo di registrazione non può essere la casa privata del datore di lavoro, altrimenti potrebbe verificarsi il reato di interferenza illecita nella vita privata.

Registrare conversazione a distanza con il datore di lavoro

In un’epoca come quella attuale in cui primeggia incontrastato lo smart working, ben potrebbe accadere che la registrazione avvenga a distanza, proprio perché magari la conversazione si svolge in video conferenza.

Da pochi anni, i giudici hanno preso una posizione positiva al riguardo, ritenendo che la registrazione a distanza compiuta dal lavoratore dipendente è legittima soltanto se volta a tutelare un suo diritto.

Resta comunque la necessità che chi registra deve partecipare alla discussione per tutta la sua durata e non può allontanarsi lasciando in funzione il dispositivo di registrazione.

Avvocato: la registrazione può essere una prova nel processo?

La risposta è certamente Sì!

Anzi l’utilizzo della registrazione da parte del lavoratore per tutelare un proprio diritto e più precisamente la propria posizione lavorativa è una condizione imprescindibile ai fini della legittimità della registrazione medesima.

Ciò vuol dire che, il dipendente che decide di registrare una conversazione con il proprio capo, pur all’insaputa di quest’ultimo, non può essere licenziato, né destinatario di altri provvedimenti disciplinari, né tantomeno essere accusato di aver commesso un reato.

Tale orientamento è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione, perché in questi casi l’esercizio del diritto di difesa prevale sulla tutela del diritto alla privacy e soprattutto si permette l’utilizzo della registrazione come mezzo di prova già nella fase pre processuale.

Tendenzialmente, è sempre consigliabile consultare un avvocato specializzato prima di scagliare la registrazione del colloquio contro il proprio datore di lavoro, perché occorrerebbe valutare in anticipo la concreta utilizzabilità della registrazione e le conseguenze cui può andare in contro il dipendente.

Quali sono le conseguenze per il dipendente

La diffusione di una registrazione relativa ad una conversazione avuta con il proprio datore di lavoro può sortire conseguenze davvero spiacevoli per il dipendente.

In primis potrebbe configurarsi il reato di intercettazione non autorizzata.

In secondo luogo, la diffusione della registrazione potrebbe essere interpretata dal giudice come un reato di trattamento illecito di dati personali, punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, oltre che con un’eventuale richiesta di risarcimento danni in denaro.

Ci sono anche altre conseguenze negative per il lavoratore, quali ad esempio, una sanzione disciplinare, cioè una sospensione dal rapporto di lavoro e nei casi più gravi anche un provvedimento di licenziamento.

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