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Vertenza sindacale: cos’è?


Avvocato: come si fa la vertenza sindacale

La vertenza sindacale è lo strumento maggiormente utilizzato da lavoratori e datori di lavoro per risolvere le loro controversie in sede extragiudiziale, cioè senza finire nelle aule dei tribunali e non richiedendo in genere neppure l’obbligatorio intervento dell’avvocato, seppur consigliato al fine di tutelare al meglio i propri diritti.

È infatti molto frequente che le parti non riescano a trovare un punto d’incontro e allora è necessario dare avvio ad un vero processo, presso il Tribunale del lavoro, per questo si consiglia di affidarsi subito ad un avvocato specializzato in diritto del lavoro in modo da iniziare l’intera procedura con la sua assistenza.

In termini generali la vertenza consiste in una lettera scritta dal sindacalista di riferimento del dipendente al datore di lavoro, mediante la quale si contestano alcuni suoi comportamenti non rispettosi nei confronti del lavoratore medesimo.

Come fare vertenza al datore di lavoro

Per presentare una vertenza sindacale, il lavoratore dipendente deve recarsi presso l’ufficio vertenze del Sindacato competente, al fine di esporre la problematica sofferta.

Il sindacato, poi, si occuperò di inviare una lettera scritta al datore di lavoro, nella quale avrà cura di indicare:

- la lamentela del lavoratore e la richiesta di porre fine ad eventuali comportamenti non conformi alla normativa in tema di diritto del lavoro;

- il termine entro cui il datore dovrà porre riparo alla situazione, ad esempio pagando gli arretrati se oggetto della vertenza è il ritardo nel versamento degli stipendi;

- l’avvertimento che se, decorso inutilmente il termine sopra indicato, il lavoratore agirà in giudizio assistito dal proprio avvocato di fiducia e dunque la controversia sfocerà in una causa di lavoro.

Perché si presenta una vertenza di lavoro

I motivi per i quali un lavoratore può decidere di presentare una vertenza sindacale contro il proprio capo sono svariati, proprio per questo gode di un ampio margine di azione.

Tra le ipotesi più importanti rientrano sicuramente:

- un trasferimento considerato illegittimo

- l’assegnazione di mansioni non corrispondenti alla propria qualifica

- mancato riconoscimento di ferie

- mobbing

- mancato pagamento degli straordinari

- rimprovero disciplinare senza giusta causa

È evidente che le ipotesi sopra esposte sono solo degli esempi, senza nessuna pretesa di esaustività, quindi come regola generale è bene tenere a mente che ogni qualvolta un lavoratore viene leso nei propri diritti di lavoratore potrà fare una vertenza contro il proprio capo.

Quanto costa una vertenza

La vertenza sindacale è essenzialmente gratuita per il lavoratore iscritto presso il sindacato, tuttavia va considerato che ci sono delle spese vive per l’istruzione della pratica, oltre che le eventuali spese per la notifica del documento.

Per i lavoratori che invece non sono iscritti ad alcun sindacato, la vertenza avrà un costo differente a seconda del sindacato stesso, nel senso che non ci sono dei costi fissi da poter indicare. Certamente, l’intervento del sindacalista è meno costoso rispetto ad una causa in Tribunale, per questo si spera sempre di risolvere la questione in fase stragiudiziale.

Ad ogni modo, è frequente che in caso di esito negativo della vertenza i sindacalisti conoscano già degli avvocati da consigliare ai lavoratori.

Come termina la vertenza: accordo bonario o Tribunale

Gli esiti di una vertenza sindacale sono essenzialmente due: o le parti riescono a raggiungere un accordo bonario in sede stragiudiziale, con il solo intervento dei sindacati competenti, oppure laddove la controversia dovesse inasprirsi ancor di più sarà necessario instaurare un giudizio in Tribunale.

L’accordo, generalmente in forma scritta dovrà indicare le pattuizioni raggiunte e naturalmente essere firmato da entrambe le parti. Di norma, con la vertenza sindacale entro 1-2 mesi le parti trovano un accordo, salvo casi particolarmente complicati.

Avvocato del lavoro per i tuoi diritti

Come anticipato, almeno in un primo momento è possibile procedere ad un tentativo di conciliazione tra lavoratore e datore di lavoro mediante l’intervento del sindacato che si occupa proprio di mediare in situazioni del genere.

Se però la lettera di vertenza spedita dal sindacato al datore di lavoro non sortisce gli effetti desiderati, allora è necessario rivolgersi ad un avvocato del lavoro, che valutato il caso specifico, gli interessi in gioco, le lungaggini di un processo civile e anche i costi legali di una causa in Tribunale consiglierà al proprio cliente il da farsi.

Non deve spaventare la necessità di rivolgersi ad un avvocato, è vero che ci saranno delle spese da sostenere, ma è altrettanto vero che un buon consulente legale avrà la premura di informare preventivamente il lavoratore, magari anche con la richiesta di un preventivo scritto, sulle spese da affrontare. Chiedere una consulenza non vuol dire che immediatamente occorrerà dare dei soldi all’avvocato.

Oltretutto, poi, un avvocato giudizioso andrà in contro alle esigenze del proprio assistito ed è proprio per questo che il difensore legale va cercato con calma, eventualmente orientando la scelta verso qualche avvocato economico che al tempo stesso sia esperto di controversie lavorative.

Chi paga le spese legali e processuali

Nel momento in cui all’esito della causa di lavoro il giudice condanna una delle due parti, in genere prevede a carico di quest’ultima anche il pagamento delle spese processuali in cui è ricompreso anche l’onorario dell’avvocato.

Solo in alcuni casi il giudice può prevedere una divisione delle spese tra le parti, ossia quando la domanda non viene integralmente accolta.

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